Forma e curiosità sull'Africa
L'Africa e la sua forma
Molto probabilmente le risposte spazieranno da “La culla dell’umanità” e “Animali maestosi” a “povertà” e “conflitti tribali”. Come è possibile che un continente susciti immagini tanto estreme?. Geografia e storia possono fornire molte spiegazioni a riguardo.
Dal punto di vista geografico, l’Africa somiglia a un panino troppo imbottito: ha una spessa zona tropicale al centro, compresa tra due sottili fasce temperate (è l’unico continente che tocca sia la zona temperata settentrionale che quella meridionale).
GENERALITÀ
Una delle sette parti del mondo, morfologicamente la più unitaria e compatta. Si presenta infatti come un solo grande corpo dalla costituzione integra massiccia, dalle superfici uniformi, prive di catene montuose importanti, con contorni semplici, poco articolati. Da ciò essa deriva parecchie delle sue peculiarità geografiche. Tuttavia a quest’unità fisica non si può dire che corrisponda un’unità di paesaggi e tanto meno di uomini e culture. Il fatto stesso che si affacci sul Mediterraneo e che si estenda verso S oltre l’Equatore e lo stesso Tropico del Capricorno (fino alla latitudine di 34º 50´ S) determina un profondo motivo di differenziazione che si riflette tanto sulla natura quanto sull’uomo. La prima importante distinzione è, in tal senso, quella che riconosce un’Africa mediterranea, naturalmente partecipe di una regione che fu teatro di episodi decisivi per la storia umana e che proprio lungo il Nilo espresse una delle più alte e singolari civiltà antiche. In forza di ciò l’Africa settentrionale è considerata parte delle terre che formano il cosiddetto Mondo Antico, al quale si connette anche dal punto di vista fisico, come si rileva dalla stessa esiguità degli elementi divisori o di contatto: lo stretto di Gibilterra e l’istmo di Suez (tagliato dal canale nel 1869) rispettivamente nei confronti dell’Europa e dell’Asia. Ma l’Africa mediterranea è solo una parte periferica e limitata del continente, le sue più vaste superfici sono quelle in cui essa esprime il suo volto più riconoscibile e noto: immenso continente popolato di uomini di pelle nera (in realtà non esclusivamente nera), ignorato per lungo tempo dalle culture del Mondo Antico per poi essere spartito, nel corso del sec. XIX secolo, tra le potenze coloniali europee, e chiuso nei suoi grandi spazi che due oceani isolano dal resto delle terre emerse. Questa Africa interna, nera ha il suo confine settentrionale nella “sponda” del Sahara, il grande deserto che nella geografia africana costituisce un mondo a sé, un vero e proprio vuoto che divide in due il continente, ma che ha sempre funzionato da filtro tra le due diverse “sponde”. Anche le altre differenziazioni regionali dell’Africa dipendono, com’è il caso del Sahara, da fatti essenzialmente climatici, ai quali si deve una successione di ambienti diversi in funzione latitudinale. Salvo rari casi, le variazioni tra l’uno e l’altro di questi ambienti sono graduali, lentissime, e sono indicate da un diverso sviluppo delle formazioni vegetali, le quali celano, nella fascia equatoriale delle grandi foreste, il cuore segreto e meno accessibile del continente. Nell’Africa si fa convenzionalmente rientrare il Madagascar, il quale però ha solo limitati legami con il vicino continente, sia dal punto di vista fisico sia da quello umano. Lo stesso si può dire per le piccole isole che vi sorgono accanto.
GEOLOGIA
L’unità dell’Africa è strutturale, dipende cioè dalla sua costituzione geologica . Il continente è infatti una gigantesca massa di terre che hanno conservato una loro sostanziale integrità strutturale sin dalle origini. Già quando si dice che l’Africa è “immensa e monotona” si definiscono implicitamente, con le sue dimensioni, i suoi lineamenti strutturali. Da questo punto di vista essa richiama altre compatte zolle terrestri: l’Asia siberiana, lo Scudo canadese, quello brasiliano. Ma mentre queste smarginano in zone geologicamente instabili o interessate da più o meno antichi corrugamenti, l’Africa è l’unica massa continentale a non essere stata profondamente intaccata da grandi movimenti tettonici: le uniche zone tormentate si trovano nel settore nordoccidentale, dove si elevano le catene dell’Atlante, formatesi in seguito ai movimenti orogenetici terziari connessi con la geosinclinale mediterranea, e nell’estremo meridione, dove le dislocazioni al di sopra dell’alta scarpata continentale hanno dato origine ai Capidi. Altrove non si hanno corrugamenti, ma cedimenti, subsidenze, fratture; l’elemento tettonico più marcato infatti è costituito dalla grande frattura che si apre nella sezione orientale del continente con andamento meridiano, dal lago Malawi o Niassa alle depressioni etiopiche per proseguire nel Mar Rosso e nelle fosse siropalestinesi: è un elemento assai importante nella geografia africana perché a esso si connette quel vasto sollevamento delle terre orientali e meridionali che portano a riconoscere un’Africa alta e un’Africa bassa. La sua origine si inquadra nella storia geologica del continente, al suo antichissimo legame con la massa asiatica (il continente chiamato Gondwana), legame che sembra confermato dalla continuità geologica esistente al di qua e al di là del Mar Rosso. La formazione della fossa risale ai periodi compresi tra il Mesozoico e il Cenozoico e fu dovuta a un grande inarcamento della crosta con rottura e cedimenti lungo l’asse dell’anticlinale, estesa tra Africa e Penisola Arabica; nella sinclinale opposta si sarebbe contemporaneamente verificato il distacco del Madagascar dal continente. A tale gigantesca frattura si ricollega l’origine degli imponenti vulcani che vi sorgono accanto e che rappresentano le più alte montagne africane, con vertice nei 5895 m del Kilimangiaro; inoltre lungo la fossa si hanno alcuni dei pochi vulcani attivi dell’Africa (Virunga). Gli altri edifici vulcanici (Ahaggar, Tibesti, Jabel Marrah, Camerun) si connettono a più locali ma analoghi fenomeni cratogeni, cioè a fratture che hanno promosso la fuoruscita di magma. L’antichità e l’integrità del continente sono testimoniate dalla presenza di vasti affioramenti di rocce arcaiche (che spiegano la ricchezza mineraria dell’Africa) in prevalenza rappresentate da graniti e gneiss. A esse si sovrappongono su ampie superfici formazioni sedimentarie d’origine diversa: le più diffuse sono costituite da depositi paleozoici arenaceo-argillosi d’origine continentale (come il karroo che copre gli altopiani dell’estremo lembo dell’Africa meridionale) e da potenti stratificazioni di arenarie (come l’arenaria nubica) formatesi per sedimentazione eolica in periodi asciutti del Mesozoico. Tra la fine di quest’epoca e il Cenozoico si verificarono le vaste espansioni laviche dell’acrocoro etiopico e la formazione dei principali massicci vulcanici, mentre nelle aree di subsidenza le ingressioni marine diedero inizio a prolungati processi di sedimentazione. Tutto ciò rivela una storia geologica semplice, con pochi episodi, i più importanti dei quali, ai fini dell’attuale geografia africana, sono rappresentati – oltre che dalle fratture e dalle conseguenti attività vulcaniche – dalla formazione di grandi bacini depressionari che danno un marchio alla superficie del continente e si pongono oggi come basi della ripartizione regionale dell’Africa. I principali sono quelli del Niger, del lago Ciad, del Nilo, del Congo, dello Zambesi e del Kalahari; gli elementi divisori sono in generale bassi e incerti, altopiani tabulari di modesta elevazione e dai limiti non facilmente definibili. Sul fondo di questi bacini si sono in passato accumulati e si accumulano ancor oggi sedimenti lacustri e fluviali che rappresentano perciò i terreni più giovani dell’intero insieme con quelli delle poche pianure che orlano le coste (i delta del Nilo, del Niger ecc.), assai spesso alte e dirupate e quasi uniformemente rettilinee.MORFOLOGIALa superficie continentale africana rivela già nei particolari motivi morfologici l’antichità della sua origine e la povertà della sua tettonica. Vi prevalgono le formazioni tabulari, gli orizzonti piatti dai quali emergono spesso isolate forme rocciose, gli Inselberge, le “rocce-testimoni”, ultimi residui di antichi processi di peneplanazione che hanno eroso e livellato le maggiori asperità. L’attività erosiva è attualmente regolata quasi ovunque dal meccanismo proprio delle zone sottoposte a temperature elevate, con formazione di versanti ripidi che creano talora forme monumentali. Nel Sahara l’erosione assume aspetti particolari legati al clima arido, al quale si deve il denudamento di vaste superfici rocciose (hamada) in cui risaltano le antiche strutture precedentemente erose; intorno a esse i detriti si allargano a ventaglio formando superfici ciottolose (reg e serir) e, più lontano, quelle sabbiose (erg); nelle zone subaride o predesertiche si hanno invece vaste superfici di dune fossili (qoz) fissate dalla vegetazione. Nell’Africa si trovano anche tracce legate al glacialismo quaternario, limitate alle zone più elevate dell’Atlante e dell’Ahaggar; connessi ai climi umidi del Quaternario sono inoltre molti elementi fossili della morfologia africana, sahariana in particolare: tra questi le spettacolari incisioni del Tassili e gli uidian che evaporando lasciano nelle depressioni caratteristici aloni di depositi salini (chott ecc.).CLIMAPer la sua posizione rispetto all’Equatore l’Africa è il continente a maggiore tropicalità; inoltre, sempre rispetto all’Equatore, si ha una distribuzione zonale, simmetrica a S e a N di esso, delle condizioni climatiche, fatto dovuto essenzialmente all’assenza di rilievi e alla morfologia aperta delle superfici continentali . Nell’arco annuale le condizioni si alternano nelle due parti in rapporto alla situazione zenitale che si instaura d’estate (estate boreale) a N, e d’inverno a S. La zona equatoriale è la più stabile: costituisce cioè la fascia delle “convergenze intertropicali”, dove convergono da NE e da SE gli alisei, attratti dalle basse pressioni che vi si stabiliscono per effetto del forte e costante riscaldamento. Questa circolazione verso l’Equatore è alimentata dalle aree di alte pressioni tropicali, sia marittime sia continentali: le più cospicue di queste ultime sono quelle del Sahara, dove d’inverno si ha un’area di alte pressioni, molto stabile; essa dà origine tra l’altro all’harmattan, il vento che spira d’inverno sull’Africa sudanese attratto dalle basse pressioni che si formano nella regione guineana. Fenomeno analogo, ma più ridotto data la minor estensione delle superfici continentali, si ha nell’Africa australe d’estate, cioè a stagione invertita. Sempre d’estate nel Sahara la situazione si capovolge: le alte pressioni si spostano verso N e ciò richiama aria umida dal golfo di Guinea. A un regime di tipo monsonico è sottoposta l’Africa orientale, esposta agli influssi dell’Oceano Indiano, mentre nell’Africa settentrionale, specie dal Marocco alla Tunisia, si ha un regime mediterraneo, con aree anticicloniche d’estate (sono responsabili dei “venti etesii” che spirano verso le coste africane) e basse pressioni invernali, con afflusso di aria instabile dall’Atlantico. Questo generale meccanismo della circolazione e degli scambi regola fondamentalmente il regime delle precipitazioni. Nella fascia equatoriale esse sono continue, solo con una lieve attenuazione nei mesi invernali o estivi rispettivamente a N e a S; le piogge sono sempre superiori ai 1800 mm, con massimi eccezionali nel golfo di Guinea e in particolare sui versanti del monte Camerun, dove si possono registrare fino a 10.000 mm annui. Piovosità elevata, però tendenzialmente distribuita in stagioni distinte, si ha anche nell’Africa guineana, riparata dalle influenze sahariane e ben esposta alle masse d’aria d’origine oceanica. Sul resto del continente si ha il regime tropicale a due stagioni, ben marcate quanto più accentuata è la tropicalità. La stagione piovosa (che in Africa vien detta “inverno”) inizia con manifestazioni violente, temporalesche, ed è preceduta da una breve stagione piovosa, peraltro molto irregolare (piccola stagione delle piogge). Le precipitazioni sono concentrate nei mesi estivi a N dell’Equatore, in quelli invernali (estate australe) a S. La durata della stagione delle piogge diminuisce allontanandosi dall’Equatore; le precipitazioni maggiori si verificano nel periodo in cui il sole è allo zenit. Quantitativamente si passa dai valori della fascia equatoriale ai 500 mm (isoieta con cui nell’Africa sudanese si fa cominciare il sahel) e ai 250 mm che rappresentano l’inizio delle zone desertiche; nel Sahara vi sono molte località dove per anni non si verificano precipitazioni. È interessante notare che in tutta l’Africa tropicale le condizioni ambientali derivano non tanto dalla quantità delle precipitazioni quanto dal fatto che sono concentrate in un breve periodo, ciò che costringe la vita vegetale a un particolare adattamento alla siccità prolungata. All’andamento delle piogge si connette il regime delle temperature che, pur variando a seconda delle zone, sono in genere elevate, così da giustificare la fama del continente, e che contribuiscono a rendere spesso disagevole il suo clima per l’uomo bianco, benché il principale fattore repulsivo consista nella forte umidità delle zone equatoriali (fino al 90%). In queste si hanno valori costanti (25-26 ºC) sia giornalmente sia annualmente in rapporto alla nebulosità continua, all’assenza di venti, all’umidità. Nella fascia delle stagioni alternate si hanno valori stagionali e giornalieri più differenziati a mano a mano che si procede lontano dall’Equatore; nelle zone desertiche le escursioni giornaliere giungono fino a 40 ºC. Condizioni termiche mitigate (medie estive sui 25 ºC, invernali sui 13-15 ºC) si hanno nell’Africa settentrionale e nell’estrema punta meridionale del continente, date le loro caratteristiche climatiche di tipo mediterraneo. Sulle condizioni locali del clima influiscono inoltre l’altitudine (sull’Atlante e sui massicci sahariani dell’Ahaggar e del Tibesti possono verificarsi precipitazioni nevose, comuni sulle vette delle grandi montagne equatoriali), la continentalità e, lungo le coste, le correnti marine fredde delle Canarie e del Benguela e quella calda del Mozambico.
IDROGRAFIA
Dal punto di vista idrografico la superficie continentale africana è ripartita in pochi ma vasti bacini fluviali, che possono comprendere aree sottoposte a tutte e tre le principali fasce climatiche. La dimensione dei fiumi è dovuta alla struttura dell’Africa, alla sua articolazione morfologica povera. Poiché le terre più elevate si trovano nel settore orientale, la maggior parte delle acque si riversa nell’Atlantico, dove sfocia tra gli altri il Congo, che da solo raccoglie ca. il 60% delle precipitazioni che cadono sul continente. Nell’Atlantico si riversano altri importanti fiumi, tra cui il Niger, che ha un bacino molto esteso ma per gran parte sottoposto a precipitazioni stagionali e quindi con un regime variabilissimo. Molto variabile è anche il regime del Nilo, il quale ha un corso del tutto particolare e lunghissimo (superando i 6.600 km si contende la palma del fiume più lungo del mondo con il Rio delle Amazzoni, la cui lunghezza, però, varia a seconda delle fonti considerate), che porta al Mediterraneo le precipitazioni d’una vasta sezione dell’Africa alta. Il maggior tributario dell’Oceano Indiano è lo Zambesi, che drena le alteterre sudorientali, mentre di minor significato geografico sono gli altri fiumi dell’Africa meridionale (quali l’Orange, il Limpopo ecc.). Complessivamente le superfici esoreiche, che per gran parte sono rappresentate dai bacini del Congo, del Nilo e del Niger, sono pari al 46% ca. della superficie africana. Il 13% è costituito da superfici endoreiche, corrispondenti ad alcuni dei più marcati bacini depressionari, in particolare il lago Ciad, che è il residuo di un vasto mare interno di epoche passate, e del Kalahari che scola nel lago Ngami; endoreismi si hanno inoltre in quasi tutta la fossa estafricana. Ancor più estese, data la vastità dei deserti, sono le superfici areiche (41% del totale), nelle quali le scarse ed episodiche precipitazioni non sono in grado di alimentare veri e propri fiumi. In genere i fiumi africani hanno un profilo maturo, con ampi alvei; però la costituzione tabulare del continente fa sì che il loro corso, specie in prossimità delle coste dove si rialza l’orlo dell’altopiano, sia spesso interrotto da rapide e cascate che ostacolano la navigazione: è il caso del Nilo con le sue cateratte, del Niger, dello stesso Congo in prossimità del suo sbocco dalla grande depressione interna. La maggior parte dei laghi africani è di origine tettonica e occupa il fondo delle fosse dell’Africa orientale (laghi Alberto, Edoardo, Kivu, Tanganica, Malawi); è di sprofondamento anche il Vittoria, il più esteso dei laghi del continente, ma occupa una conca preesistente alla grande frattura estafricana. Di sbarramento lavico è il Tana, anch’esso situato nelle alteterre orientali dove vistosi furono i fenomeni vulcanici, mentre nelle zone steppiche e desertiche predominano i laghi chiusi, residuati di antichi laghi più vasti, testimoni di regimi climatici più piovosi, oggi ridotti in pratica a vasti stagni quali il Ciad e gli chotts della regione dell’Atlante. Lo sbarramento del corso di alcuni dei maggiori fiumi africani ha dato infine origine a vasti laghi artificiali tra cui il Nasser sul Nilo, il Volta sul fiume omonimo, il Kariba e il Cahora Bassa sullo Zambesi.

Forma e curiosità sull'Africa
L'Africa e la sua forma
Molto probabilmente le risposte spazieranno da “La culla dell’umanità” e “Animali maestosi” a “povertà” e “conflitti tribali”. Come è possibile che un continente susciti immagini tanto estreme?. Geografia e storia possono fornire molte spiegazioni a riguardo.
Dal punto di vista geografico, l’Africa somiglia a un panino troppo imbottito: ha una spessa zona tropicale al centro, compresa tra due sottili fasce temperate (è l’unico continente che tocca sia la zona temperata settentrionale che quella meridionale).
GENERALITÀ
Una delle sette parti del mondo, morfologicamente la più unitaria e compatta. Si presenta infatti come un solo grande corpo dalla costituzione integra massiccia, dalle superfici uniformi, prive di catene montuose importanti, con contorni semplici, poco articolati. Da ciò essa deriva parecchie delle sue peculiarità geografiche. Tuttavia a quest’unità fisica non si può dire che corrisponda un’unità di paesaggi e tanto meno di uomini e culture. Il fatto stesso che si affacci sul Mediterraneo e che si estenda verso S oltre l’Equatore e lo stesso Tropico del Capricorno (fino alla latitudine di 34º 50´ S) determina un profondo motivo di differenziazione che si riflette tanto sulla natura quanto sull’uomo. La prima importante distinzione è, in tal senso, quella che riconosce un’Africa mediterranea, naturalmente partecipe di una regione che fu teatro di episodi decisivi per la storia umana e che proprio lungo il Nilo espresse una delle più alte e singolari civiltà antiche. In forza di ciò l’Africa settentrionale è considerata parte delle terre che formano il cosiddetto Mondo Antico, al quale si connette anche dal punto di vista fisico, come si rileva dalla stessa esiguità degli elementi divisori o di contatto: lo stretto di Gibilterra e l’istmo di Suez (tagliato dal canale nel 1869) rispettivamente nei confronti dell’Europa e dell’Asia. Ma l’Africa mediterranea è solo una parte periferica e limitata del continente, le sue più vaste superfici sono quelle in cui essa esprime il suo volto più riconoscibile e noto: immenso continente popolato di uomini di pelle nera (in realtà non esclusivamente nera), ignorato per lungo tempo dalle culture del Mondo Antico per poi essere spartito, nel corso del sec. XIX secolo, tra le potenze coloniali europee, e chiuso nei suoi grandi spazi che due oceani isolano dal resto delle terre emerse. Questa Africa interna, nera ha il suo confine settentrionale nella “sponda” del Sahara, il grande deserto che nella geografia africana costituisce un mondo a sé, un vero e proprio vuoto che divide in due il continente, ma che ha sempre funzionato da filtro tra le due diverse “sponde”. Anche le altre differenziazioni regionali dell’Africa dipendono, com’è il caso del Sahara, da fatti essenzialmente climatici, ai quali si deve una successione di ambienti diversi in funzione latitudinale. Salvo rari casi, le variazioni tra l’uno e l’altro di questi ambienti sono graduali, lentissime, e sono indicate da un diverso sviluppo delle formazioni vegetali, le quali celano, nella fascia equatoriale delle grandi foreste, il cuore segreto e meno accessibile del continente. Nell’Africa si fa convenzionalmente rientrare il Madagascar, il quale però ha solo limitati legami con il vicino continente, sia dal punto di vista fisico sia da quello umano. Lo stesso si può dire per le piccole isole che vi sorgono accanto.
GEOLOGIA
L’unità dell’Africa è strutturale, dipende cioè dalla sua costituzione geologica . Il continente è infatti una gigantesca massa di terre che hanno conservato una loro sostanziale integrità strutturale sin dalle origini. Già quando si dice che l’Africa è “immensa e monotona” si definiscono implicitamente, con le sue dimensioni, i suoi lineamenti strutturali. Da questo punto di vista essa richiama altre compatte zolle terrestri: l’Asia siberiana, lo Scudo canadese, quello brasiliano. Ma mentre queste smarginano in zone geologicamente instabili o interessate da più o meno antichi corrugamenti, l’Africa è l’unica massa continentale a non essere stata profondamente intaccata da grandi movimenti tettonici: le uniche zone tormentate si trovano nel settore nordoccidentale, dove si elevano le catene dell’Atlante, formatesi in seguito ai movimenti orogenetici terziari connessi con la geosinclinale mediterranea, e nell’estremo meridione, dove le dislocazioni al di sopra dell’alta scarpata continentale hanno dato origine ai Capidi. Altrove non si hanno corrugamenti, ma cedimenti, subsidenze, fratture; l’elemento tettonico più marcato infatti è costituito dalla grande frattura che si apre nella sezione orientale del continente con andamento meridiano, dal lago Malawi o Niassa alle depressioni etiopiche per proseguire nel Mar Rosso e nelle fosse siropalestinesi: è un elemento assai importante nella geografia africana perché a esso si connette quel vasto sollevamento delle terre orientali e meridionali che portano a riconoscere un’Africa alta e un’Africa bassa. La sua origine si inquadra nella storia geologica del continente, al suo antichissimo legame con la massa asiatica (il continente chiamato Gondwana), legame che sembra confermato dalla continuità geologica esistente al di qua e al di là del Mar Rosso. La formazione della fossa risale ai periodi compresi tra il Mesozoico e il Cenozoico e fu dovuta a un grande inarcamento della crosta con rottura e cedimenti lungo l’asse dell’anticlinale, estesa tra Africa e Penisola Arabica; nella sinclinale opposta si sarebbe contemporaneamente verificato il distacco del Madagascar dal continente. A tale gigantesca frattura si ricollega l’origine degli imponenti vulcani che vi sorgono accanto e che rappresentano le più alte montagne africane, con vertice nei 5895 m del Kilimangiaro; inoltre lungo la fossa si hanno alcuni dei pochi vulcani attivi dell’Africa (Virunga). Gli altri edifici vulcanici (Ahaggar, Tibesti, Jabel Marrah, Camerun) si connettono a più locali ma analoghi fenomeni cratogeni, cioè a fratture che hanno promosso la fuoruscita di magma. L’antichità e l’integrità del continente sono testimoniate dalla presenza di vasti affioramenti di rocce arcaiche (che spiegano la ricchezza mineraria dell’Africa) in prevalenza rappresentate da graniti e gneiss. A esse si sovrappongono su ampie superfici formazioni sedimentarie d’origine diversa: le più diffuse sono costituite da depositi paleozoici arenaceo-argillosi d’origine continentale (come il karroo che copre gli altopiani dell’estremo lembo dell’Africa meridionale) e da potenti stratificazioni di arenarie (come l’arenaria nubica) formatesi per sedimentazione eolica in periodi asciutti del Mesozoico. Tra la fine di quest’epoca e il Cenozoico si verificarono le vaste espansioni laviche dell’acrocoro etiopico e la formazione dei principali massicci vulcanici, mentre nelle aree di subsidenza le ingressioni marine diedero inizio a prolungati processi di sedimentazione. Tutto ciò rivela una storia geologica semplice, con pochi episodi, i più importanti dei quali, ai fini dell’attuale geografia africana, sono rappresentati – oltre che dalle fratture e dalle conseguenti attività vulcaniche – dalla formazione di grandi bacini depressionari che danno un marchio alla superficie del continente e si pongono oggi come basi della ripartizione regionale dell’Africa. I principali sono quelli del Niger, del lago Ciad, del Nilo, del Congo, dello Zambesi e del Kalahari; gli elementi divisori sono in generale bassi e incerti, altopiani tabulari di modesta elevazione e dai limiti non facilmente definibili. Sul fondo di questi bacini si sono in passato accumulati e si accumulano ancor oggi sedimenti lacustri e fluviali che rappresentano perciò i terreni più giovani dell’intero insieme con quelli delle poche pianure che orlano le coste (i delta del Nilo, del Niger ecc.), assai spesso alte e dirupate e quasi uniformemente rettilinee.MORFOLOGIALa superficie continentale africana rivela già nei particolari motivi morfologici l’antichità della sua origine e la povertà della sua tettonica. Vi prevalgono le formazioni tabulari, gli orizzonti piatti dai quali emergono spesso isolate forme rocciose, gli Inselberge, le “rocce-testimoni”, ultimi residui di antichi processi di peneplanazione che hanno eroso e livellato le maggiori asperità. L’attività erosiva è attualmente regolata quasi ovunque dal meccanismo proprio delle zone sottoposte a temperature elevate, con formazione di versanti ripidi che creano talora forme monumentali. Nel Sahara l’erosione assume aspetti particolari legati al clima arido, al quale si deve il denudamento di vaste superfici rocciose (hamada) in cui risaltano le antiche strutture precedentemente erose; intorno a esse i detriti si allargano a ventaglio formando superfici ciottolose (reg e serir) e, più lontano, quelle sabbiose (erg); nelle zone subaride o predesertiche si hanno invece vaste superfici di dune fossili (qoz) fissate dalla vegetazione. Nell’Africa si trovano anche tracce legate al glacialismo quaternario, limitate alle zone più elevate dell’Atlante e dell’Ahaggar; connessi ai climi umidi del Quaternario sono inoltre molti elementi fossili della morfologia africana, sahariana in particolare: tra questi le spettacolari incisioni del Tassili e gli uidian che evaporando lasciano nelle depressioni caratteristici aloni di depositi salini (chott ecc.).CLIMAPer la sua posizione rispetto all’Equatore l’Africa è il continente a maggiore tropicalità; inoltre, sempre rispetto all’Equatore, si ha una distribuzione zonale, simmetrica a S e a N di esso, delle condizioni climatiche, fatto dovuto essenzialmente all’assenza di rilievi e alla morfologia aperta delle superfici continentali . Nell’arco annuale le condizioni si alternano nelle due parti in rapporto alla situazione zenitale che si instaura d’estate (estate boreale) a N, e d’inverno a S. La zona equatoriale è la più stabile: costituisce cioè la fascia delle “convergenze intertropicali”, dove convergono da NE e da SE gli alisei, attratti dalle basse pressioni che vi si stabiliscono per effetto del forte e costante riscaldamento. Questa circolazione verso l’Equatore è alimentata dalle aree di alte pressioni tropicali, sia marittime sia continentali: le più cospicue di queste ultime sono quelle del Sahara, dove d’inverno si ha un’area di alte pressioni, molto stabile; essa dà origine tra l’altro all’harmattan, il vento che spira d’inverno sull’Africa sudanese attratto dalle basse pressioni che si formano nella regione guineana. Fenomeno analogo, ma più ridotto data la minor estensione delle superfici continentali, si ha nell’Africa australe d’estate, cioè a stagione invertita. Sempre d’estate nel Sahara la situazione si capovolge: le alte pressioni si spostano verso N e ciò richiama aria umida dal golfo di Guinea. A un regime di tipo monsonico è sottoposta l’Africa orientale, esposta agli influssi dell’Oceano Indiano, mentre nell’Africa settentrionale, specie dal Marocco alla Tunisia, si ha un regime mediterraneo, con aree anticicloniche d’estate (sono responsabili dei “venti etesii” che spirano verso le coste africane) e basse pressioni invernali, con afflusso di aria instabile dall’Atlantico. Questo generale meccanismo della circolazione e degli scambi regola fondamentalmente il regime delle precipitazioni. Nella fascia equatoriale esse sono continue, solo con una lieve attenuazione nei mesi invernali o estivi rispettivamente a N e a S; le piogge sono sempre superiori ai 1800 mm, con massimi eccezionali nel golfo di Guinea e in particolare sui versanti del monte Camerun, dove si possono registrare fino a 10.000 mm annui. Piovosità elevata, però tendenzialmente distribuita in stagioni distinte, si ha anche nell’Africa guineana, riparata dalle influenze sahariane e ben esposta alle masse d’aria d’origine oceanica. Sul resto del continente si ha il regime tropicale a due stagioni, ben marcate quanto più accentuata è la tropicalità. La stagione piovosa (che in Africa vien detta “inverno”) inizia con manifestazioni violente, temporalesche, ed è preceduta da una breve stagione piovosa, peraltro molto irregolare (piccola stagione delle piogge). Le precipitazioni sono concentrate nei mesi estivi a N dell’Equatore, in quelli invernali (estate australe) a S. La durata della stagione delle piogge diminuisce allontanandosi dall’Equatore; le precipitazioni maggiori si verificano nel periodo in cui il sole è allo zenit. Quantitativamente si passa dai valori della fascia equatoriale ai 500 mm (isoieta con cui nell’Africa sudanese si fa cominciare il sahel) e ai 250 mm che rappresentano l’inizio delle zone desertiche; nel Sahara vi sono molte località dove per anni non si verificano precipitazioni. È interessante notare che in tutta l’Africa tropicale le condizioni ambientali derivano non tanto dalla quantità delle precipitazioni quanto dal fatto che sono concentrate in un breve periodo, ciò che costringe la vita vegetale a un particolare adattamento alla siccità prolungata. All’andamento delle piogge si connette il regime delle temperature che, pur variando a seconda delle zone, sono in genere elevate, così da giustificare la fama del continente, e che contribuiscono a rendere spesso disagevole il suo clima per l’uomo bianco, benché il principale fattore repulsivo consista nella forte umidità delle zone equatoriali (fino al 90%). In queste si hanno valori costanti (25-26 ºC) sia giornalmente sia annualmente in rapporto alla nebulosità continua, all’assenza di venti, all’umidità. Nella fascia delle stagioni alternate si hanno valori stagionali e giornalieri più differenziati a mano a mano che si procede lontano dall’Equatore; nelle zone desertiche le escursioni giornaliere giungono fino a 40 ºC. Condizioni termiche mitigate (medie estive sui 25 ºC, invernali sui 13-15 ºC) si hanno nell’Africa settentrionale e nell’estrema punta meridionale del continente, date le loro caratteristiche climatiche di tipo mediterraneo. Sulle condizioni locali del clima influiscono inoltre l’altitudine (sull’Atlante e sui massicci sahariani dell’Ahaggar e del Tibesti possono verificarsi precipitazioni nevose, comuni sulle vette delle grandi montagne equatoriali), la continentalità e, lungo le coste, le correnti marine fredde delle Canarie e del Benguela e quella calda del Mozambico.
IDROGRAFIA
Dal punto di vista idrografico la superficie continentale africana è ripartita in pochi ma vasti bacini fluviali, che possono comprendere aree sottoposte a tutte e tre le principali fasce climatiche. La dimensione dei fiumi è dovuta alla struttura dell’Africa, alla sua articolazione morfologica povera. Poiché le terre più elevate si trovano nel settore orientale, la maggior parte delle acque si riversa nell’Atlantico, dove sfocia tra gli altri il Congo, che da solo raccoglie ca. il 60% delle precipitazioni che cadono sul continente. Nell’Atlantico si riversano altri importanti fiumi, tra cui il Niger, che ha un bacino molto esteso ma per gran parte sottoposto a precipitazioni stagionali e quindi con un regime variabilissimo. Molto variabile è anche il regime del Nilo, il quale ha un corso del tutto particolare e lunghissimo (superando i 6.600 km si contende la palma del fiume più lungo del mondo con il Rio delle Amazzoni, la cui lunghezza, però, varia a seconda delle fonti considerate), che porta al Mediterraneo le precipitazioni d’una vasta sezione dell’Africa alta. Il maggior tributario dell’Oceano Indiano è lo Zambesi, che drena le alteterre sudorientali, mentre di minor significato geografico sono gli altri fiumi dell’Africa meridionale (quali l’Orange, il Limpopo ecc.). Complessivamente le superfici esoreiche, che per gran parte sono rappresentate dai bacini del Congo, del Nilo e del Niger, sono pari al 46% ca. della superficie africana. Il 13% è costituito da superfici endoreiche, corrispondenti ad alcuni dei più marcati bacini depressionari, in particolare il lago Ciad, che è il residuo di un vasto mare interno di epoche passate, e del Kalahari che scola nel lago Ngami; endoreismi si hanno inoltre in quasi tutta la fossa estafricana. Ancor più estese, data la vastità dei deserti, sono le superfici areiche (41% del totale), nelle quali le scarse ed episodiche precipitazioni non sono in grado di alimentare veri e propri fiumi. In genere i fiumi africani hanno un profilo maturo, con ampi alvei; però la costituzione tabulare del continente fa sì che il loro corso, specie in prossimità delle coste dove si rialza l’orlo dell’altopiano, sia spesso interrotto da rapide e cascate che ostacolano la navigazione: è il caso del Nilo con le sue cateratte, del Niger, dello stesso Congo in prossimità del suo sbocco dalla grande depressione interna. La maggior parte dei laghi africani è di origine tettonica e occupa il fondo delle fosse dell’Africa orientale (laghi Alberto, Edoardo, Kivu, Tanganica, Malawi); è di sprofondamento anche il Vittoria, il più esteso dei laghi del continente, ma occupa una conca preesistente alla grande frattura estafricana. Di sbarramento lavico è il Tana, anch’esso situato nelle alteterre orientali dove vistosi furono i fenomeni vulcanici, mentre nelle zone steppiche e desertiche predominano i laghi chiusi, residuati di antichi laghi più vasti, testimoni di regimi climatici più piovosi, oggi ridotti in pratica a vasti stagni quali il Ciad e gli chotts della regione dell’Atlante. Lo sbarramento del corso di alcuni dei maggiori fiumi africani ha dato infine origine a vasti laghi artificiali tra cui il Nasser sul Nilo, il Volta sul fiume omonimo, il Kariba e il Cahora Bassa sullo Zambesi.

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